Eurydice, la Rete europea dell’istruzione compie 40 anni

Quest’anno Eurydice, la rete che fornisce informazioni sui sistemi scolastici e le politiche educative europee, compie 40 anni.

 Sophie Beernaerts, capo di Erasmus +, Dipartimento del Corpo di solidarietà dell’UE presso l’Agenzia esecutiva per l’istruzione, gli audiovisivi e la cultura (EACEA) ha illustrato in un articolo  del 28 ottobre 2020 l’importanza di Eurydice, quale  fonte fondamentale di informazioni per l’elaborazione delle politiche.

La rete pubblica rapporti tematici comparativi su argomenti chiave nell’educazione e nella cura della prima infanzia, nell’istruzione primaria, secondaria, superiore e nell’istruzione degli adulti, tutti disponibili gratuitamente per gli utenti. Fornisce anche una grande quantità di informazioni su ciascun sistema educativo nazionale  sul sito web di Eurydice Italia  e sul sito web di Eurydice Europa.

E’ importante comprendere il ruolo di Eurydice nella cooperazione europea in materia di istruzione perché fornisce informazioni e analisi comparative. Spetta poi ai  politici, funzionari, ricercatori prendere in considerazione tali  informazioni  e tenerne conto nei processi decisionali relativi all’educazione formale, non formale e informale.

Prossimi appuntamenti per condividere la lettura

L’indagine su La lettura nei mesi dell’emergenza sanitaria, voluta dal Centro per il libro e la lettura e affidata all’Associazione Italiana Editori, ha evidenziato i  primi risultati. Dalla ricerca emerge che leggere un libro è un’attività a cui gli italiani dedicano prevalentemente meno di un’ora al giorno, con valori in diminuzione nell’ultimo anno, mentre la televisione, il telefono, whatsapp, i social network sono tutte attività che mediamente impegnano per più di 60 minuti, con valori in crescita. Quasi la metà di chi non ha letto durante il lock-down (il 47%) dichiara che il motivo è stato la mancanza di tempo, il 35% la mancanza di spazi in casa dove concentrarsi, il 33% le preoccupazioni, il 32% ha sostituito i libri con le news. I dati raccolti a maggio, infine, mostrano che si è fortemente ridotto il numero di lettori che hanno acquistato libri nei 12 mesi precedenti (sono il 35% nel 2020, erano il 63% nel 2019). Gli acquirenti che si definiscono forti lettori passano infatti da 4,4 milioni a 3,5 milioni, con una flessione del 20%. A maggio 2020, i forti lettori hanno acquistato nei 12 mesi precedenti 30,2 milioni di copie, in calo del 45% rispetto al dato di fine 2019 (51,4 milioni di copie).

In controtendenza va l’attività di promozione alla lettura dell‘Associazione SmartLab Europe che prospetta  un altra immagine della realtà.

L’attuale emergenza sanitaria  non ha  arrestato gli appuntamenti mensili dei Gruppi di Lettura, piuttosto l’utilizzo delle competenze digitali  ha permesso di individuare di volta in volta piattaforme digitali capaci di un accesso semplice  per  smartphone, tablet e computer  e per gli stessi utilizzatori che vanno dai circa 30 anni  agli 85.

Attualmente  stiamo usando  la piattaforma GMeet, dove è   possibile incontrarsi, parlare e confrontarsi sui libri concordati,  attenuando così  la condizione vissuta  da tutti di  preoccupazione,  di distanziamento sociale  e  di senso di solitudine. Si registra  con gioia e soddisfazione che pervengono  nuove   richieste di partecipazione per condividere il piacere di leggere.

 

A Silvi nasce un nuovo Gruppo di Lettura: Il Silvi Book Club

Nell’ambito delle attività di promozione alla lettura promosse dall’Associazione”SmartLab Europe” si è incontrato il 21 ottobre scorso sulla Piattaforma GMeet il nuovo Gruppo di Lettura “SILVI BOOK CLUB” con l’ obiettivo principale di diffondere la lettura tra gli adulti.

Così si è costituito il gruppo alla presenza del Presidente dell’Associazione Annarita Bini, del Referente del Gruppo Gabriella Serafini e di numerose e interessate  lettrici.

Per via dell’emergenza sanitaria gli incontri del Gruppo avverranno su piattaforma digitale,  con la speranza che presto si possano svolgere in presenza presso la sede di riferimento:  la libreria Rio Bo di Silvi.

Al momento sono numerose le adesioni dei componenti del gruppo e altri si stanno aggiungendo in questi giorni.

Infatti condividere la lettura, usando la tecnologia, sembra un bel modo di superare l’isolamento forzato !

Ogni mese verrà scelto un libro da leggere, dando priorità ad autori abruzzesi. Per il prossimo mese la scelta è stata: “Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio” di Remo Rapino, vincitore del premio Campiello 2020.

Per info consultare  pagina fb della Libreria Rio Bo , di Gabriella Serafini e il sito dell’Associazione SmartLab Europe.

TESORI RURALI – RACCONTARE I TERRITORI CON ERASMUS+

Nell’ambito degli #ErasmusDays, il 17 ottobre 2020 alle 16.00 l’Associazione Culturale “SmartLab Europe” (Pescara,Italia),in collaborazione con il Centro Servizi per il Volontariato Abruzzo e con EPALE Italia, organizza su FaceBook un video-evento per raccontare le fasi essenziali del progetto Strategico Erasmus+ KA 204 “Tesori Rurali – L’impresa sociale motore dello sviluppo rurale” che, iniziato nel 2018, terminerà nella primavera 2021.

Il progetto”Tesori Rurali” rappresenta una opportunità preziosa per conoscere il territorio locale e quello dei nove paesi partner e per operare uno scambio di esperienze di successo di imprenditoria sociale, oltre a costituire un’azione di sensibilizzazione al fine di avviare ulteriori iniziative.

Il progetto, lungi dal poter risolvere un fenomeno complesso e spesso drammatico dello spopolamento di vaste aree interne, offre la straordinaria possibilità di guardare il proprio territorio con occhi nuovi.

Info:
Sitoweb Associazione SmartLab Europe http://www.smartlabeurope.eu/
Facebook Associazione SmartLab europe https://www.facebook.com/smartlabeurope

sitoweb progetto “Rural Tresaures” http://rural-treasures.mozello.lv/

FB progetto”Rural Tresaures” https://www.facebook.com/ruraltreasures/

Guarda il video racconto di SmartLab Europe per gli Erasmus Days 2020…

https://www.facebook.com/watch/?v=643745439659674

Il GdL “Parole in giardino” si incontra sulla piattaforma GMeet

Ci incontriamo sulla piattaforma GMeet  dove con piacere  accogliamo alcuni nuovi componenti del Gruppo di Lettura “Parole in Giardino”.

Nel libro Mitch Albom racconta l’esperienza personale vissuta con un professore conosciuto durante i suoi studi universitari, con il quale instaurò un bel rapporto e creò un legame che rimase al di là del tempo. Infatti, laureatosi continuò la sua strada alla ricerca di qualcosa per la realizzazione come persona, nel lavoro, negli affetti … ma sentiva in sé una certa insoddisfazione, nonostante avesse raggiunto una buona fama come giornalista, sicurezza economica ed avesse fatto un buon matrimonio. Casualmente gli capitò un giorno di incontrare di nuovo il suo professore dell’Università e decisero insieme di tornare a frequentarsi, sarebbe andato da lui ogni martedì per ricevere ancora lezioni ma non accademiche, di vita. L’insegnante, che lui chiamava amichevolmente Mister, come l’allenatore di una squadra di calcio, sta vivendo una malattia che lo porterà gradualmente alla morte, la SLA, ma nonostante questa riesce a regalare all’autore molti momenti di riflessione, di serenità e di saggezza che gli serviranno per crescere interiormente e per arricchire la sua vita, proprio quello di cui aveva bisogno. Sarà questa la sua eredità di docente nel cuore dell’allievo, che con il libro l’ha voluta trasmettere a tutti i suoi lettori. Cinzia

 

Si incontra all’aperto il Club del libro” Su in collina e … della crostata al bicarbonato”

Giovedì 1° Ottobre  il Club del libro “Su in Collina e … della crostata al bicarbonato” si incontra all’aperto per parlare del libro “Io sono con te – Storia di Brigitte” di Melania G. Mazzucco.

Melania G. Mazzucco, Io sono con te Storia di Brigitte, 

Il titolo è tratto da un passo della Bibbia : “Tu non temere, perché io sono con te” Isaia 41.10.

Brigitte è una donna del Congo, che all’improvviso vede la sua vita catapultata in un incubo orrendo. Donna molto credente, la sua preghiera più ricorrente a Dio è : “Ridammi una briciola di me stessa”.(cap.7) Questo libro ti catapulta in una realtà talmente cruda e dolorosa che spesso devi fermarti a leggere, come se senti un dolore fisico. Con la frase di Kant citata nel libro (cap. 13) “Tutto ha un prezzo, eccetto l’uomo e la sua dignità”, si può riassumere tutto … questa parola, dignità, che a Brigitte hanno strappato, con la violenza fisica, psicologica e intima, del suo essere donna, mamma e lavoratrice, sempre pronta ad aiutare il prossimo. Lei, con il suo carattere duro, con la sua forza e la caparbietà è riuscita a riprendersi la sua dignità, grazie anche a molte persone che l’ hanno aiutata in questo doloroso cammino.

*Melania G. Mazzucco è una scrittrice molto coinvolta sui temi sociali, prima di Io sono con te, ha scritto “Sei come sei”, che parla di una undicenne che cresce con due padri…. Proposto come lettura da un’insegnante romana ai suoi studenti liceali, ha suscitato immediatamente scandalo da cattolici e conservatori. (Celeste)

INCIPIT

 

“I miei martedì col professore” di Albom Mitch

Albom, Mitch. I miei martedì col professore (Italian Edition)  SPERLING & KUPFER. Edizione del Kindle.

Autore

MITCH ALBOM è sceneggiatore e giornalista, autore di opere teatrali e numerosi bestseller. Le cinque persone che incontri in Cielo, che ha venduto 14 milioni di copie nel mondo, è fra i suoi maggiori successi, tutti numeri uno del New York Times, insieme al celebre I miei martedì col professore. Le sue opere hanno venduto oltre 40 milioni di copie e sono tradotte in 47 lingue. Il suo ultimo attesissimo romanzo, La prossima persona che incontrerai in Cielo, è uscito nel 2019 per Sperling & Kupfer. Albom ha fondato diversi enti caritatevoli a Detroit, la sua città natale, e un orfanotrofio ad Haiti. Vive con la moglie in Michigan. www.mitchalbom.com

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L’ULTIMO corso del mio vecchio professore si teneva una volta alla settimana a casa sua, accanto alla finestra dello studio da cui si potevano scorgere i petali rosei che cadevano da una pianticella di ibisco. Le lezioni avevano luogo il martedì, e iniziavano subito dopo colazione. L’argomento era «Il Significato della Vita». Il docente attingeva alla sua esperienza. Non si davano voti, ma ogni settimana si sosteneva un esame orale. Bisognava rispondere alle domande poste e altresì formularne di proprie. Di tanto in tanto si richiedeva l’espletamento di alcune semplici mansioni, quali spostare il capo del professore per farlo stare più comodo sul cuscino o risistemargli gli occhiali sul naso. A salutarlo con un bacio si guadagnava un «più». Non c’erano libri di testo eppure si coprivano molti argomenti fra i quali l’amore, il lavoro, la comunità, la famiglia, la vecchiaia, il perdono e, alla fine, la morte. L’ultima lezione fu molto concisa, limitata a poche parole. Una cerimonia funebre si tenne al posto di quella di laurea. Benché non ci fosse un esame finale, era prevista la stesura di un saggio approfondito su quanto si era appreso. Lo scritto che vi presentiamo è il risultato di quello studio. L’ultimo corso tenuto dal mio vecchio professore ebbe solo un allievo. Quell’allievo ero io.

 

Continuano gli incontri in presenza

Continuano gli incontri in presenza del Gruppo Parole in Giardino: distanziati ma vicini per parlare di libri, emozioni, parole, immagini, condividendo riflessioni e pensieri.

Incipit del romanzo” Quel che affidiamo al vento”

Ne aveva sentito parlare la prima volta alla radio. Un ascoltatore era intervenuto a fine programma per raccontare cosa lo facesse stare meglio dopo la scomparsa della moglie. Ne avevano discusso ampiamente in redazione prima di fissare il tema della puntata. Tutti sapevano di lei, che dentro aveva l’abisso. Ma Yui aveva insistito, che qualunque cosa sarebbe venuta fuori, lei era schermata. Proprio perché aveva sofferto così, nessuno strazio più la toccava. «Cosa vi ha reso più semplice alzarvi la mattina e andare a letto la sera dopo un grande lutto? Cosa vi permette di stare bene quando vi sentite afflitti?» La puntata era stata tuttavia molto meno cupa del previsto. Una donna di Aomori aveva raccontato che quando era triste lei cucinava: preparava torte dolci e salate, macaron, confetture, piccole pietanze come crocchette o pesce alla griglia in zucchero e salsa di soia, verdure bollite da infilare nel bentō; aveva persino comprato un freezer a parte per poter congelare quando le prendeva la voglia. Per Hina-matsuri, la festa delle bambine che cadeva ogni 3 di marzo, nel giorno in cui un tempo celebrava la figlia, si premurava di sbrinarlo con precisione. Era certa che guardando l’esposizione delle bambole nel soggiorno, le scalinate con i vari pupazzi che simboleggiavano la famiglia imperiale, avrebbe sentito il bisogno impellente di pelare, tagliare e sbollentare. Cucinare la faceva sentire bene, disse, la aiutava a rimettere le mani sul mondo. Una giovane impiegata di Aichi telefonò invece per dire che lei andava nei caffè ad accarezzare cani, gatti e furetti, sì, soprattutto furetti. Bastava le strusciassero i piccoli musi sulle mani e a lei tornava la gioia d’essere viva. Un anziano, sussurrando perché la voce non raggiungesse in camera da letto la moglie, confessò che giocava al pachinko; un salaryman, che aveva vissuto la separazione dalla fidanzata come un lutto, aveva preso a bere tazze di cioccolata fondente e a sgranocchiare sembei. Tutti sorrisero quando una casalinga di Tōkyō, una donna di circa cinquant’anni che aveva perso la migliore amica in un incidente, raccontò che aveva iniziato a studiare francese e che quel solo modulare la voce diversamente, quella erre di gola e quell’accentazione complessa, le davano l’illusione d’essere un’altra. «Non imparerò mai la lingua, sono proprio negata, ma sapeste come mi fa sentire bene dire bonjuuurrrrrrr.» L’ultima telefonata venne invece da Iwate, da uno dei luoghi del disastro del 2011. La curatrice del programma lanciò un’occhiata eloquente al tecnico del suono, il quale osservò un lungo momento la speaker per poi abbassare lo sguardo sul piano di regia, dove lo lasciò posato fino alla fine della chiamata. Come Yui, l’ascoltatore aveva perso la moglie nello tsunami, la casa divelta dall’acqua, il corpo trascinato tra le macerie: catalogato tra i yukue fumei “traccia ignota”, i dispersi. Ora abitava nella casa del figlio, nell’entroterra, dove il mare era solo un’idea. «E insomma» aveva esordito la voce che aspirava a stretti intervalli una sigaretta «c’è questa cabina telefonica in mezzo a un giardino, su una collina isolata dal resto. Il telefono non è collegato ma le voci le porta via il vento. Dico Pronto Yōko, come stai? e mi pare di tornare ad essere quello di una volta, mia moglie che mi ascoltava dalla cucina, sempre indaffarata sulla colazione o sulla cena, io che brontolavo perché il caffè mi bruciava la lingua.» «Ieri sera leggevo a mio nipote la storia di Peter Pan, il ragazzino volante che perde la sua ombra e la bambina che gliela ricuce sotto la suola, ecco, credo che siamo così anche noi che andiamo su quella collina: cerchiamo di riavere indietro la nostra ombra.» In redazione erano tutti ammutoliti, come se un oggetto estraneo ed enorme fosse improvvisamente precipitato tra loro. Anche Yui, di solito abilissima nel tagliare interventi troppo lunghi con poche, calibrate parole, non fiatò. Solo quando l’uomo tossì e la regia fece sfumare la voce, Yui parve ridestarsi dal sogno. Introdusse precipitosa il brano musicale, si sorprese del titolo, puramente casuale: Max Richter, Mrs. Dalloway: In the Garden. Arrivarono molti altri messaggi quella notte, e continuarono a giungere anche quando Yui era già sul penultimo treno per Shibuya e sull’ultimo per Kichijōji. Chiuse gli occhi, anche se il sonno non arrivava. Tornò e ritornò più volte alle parole dell’ascoltatore, come ripercorrendo in su e in giù la medesima strada e facendo via via attenzione a nuovi dettagli. Un cartello stradale, un’insegna, un’abitazione. Si addormentò solo quando fu certa di aver memorizzato il percorso. Il giorno dopo, per la prima volta da quando sua madre e sua figlia erano morte, Yui chiese due giorni di ferie. Riaccese il motore dell’auto, mise benzina, e con il navigatore satellitare a inanellare una serie compressa di imperativi, si diresse verso il giardino di Suzuki-san. Se non la felicità, perlomeno il sollievo, stavano per diventare una cosa. 2 Scaletta musicale di quella notte durante il programma radiofonico di Yui Fakear, Jonnhae Pt.2 Hans Zimmer, Time Plaid, Melifer Agnes Obel, Stone Sakamoto Kyū, Ue wo mite arukō The Cinematic Orchestra, Arrival of the birds & Transformation Max Richter, Mrs. Dalloway: In the Garden Vance Joy, Call if you need me 3 Mentre trafficava con il navigatore satellitare, Yui si sforzò di non vomitare. Per i primi dieci minuti la vista del mare le fece quell’effetto, glielo faceva ogni volta. Come se solo a guardarlo, quello le entrasse nella bocca; che anzi qualcuno, con un imbuto, glielo facesse ingoiare a forza. Metteva allora di fretta tra le labbra qualcosa, un quadratino di cioccolato, una caramella. In pochi minuti il cuore si abituava e si placavano anche gli spasmi. Nel mese subito successivo allo tsunami, era rimasta sfollata su un telo di due metri per tre, nella palestra di una scuola elementare, insieme ad altre centoventi persone. Eppure la solitudine che aveva sentito in quel posto non l’avrebbe sperimentata mai più. Nonostante una grande nevicata, inaudita a marzo, ogni volta che poteva usciva dall’edificio; si infilava in una crepa del muro che recintava il cortile della scuola, abbracciava un albero che le pareva aggrappato per bene alla terra, e da lì contemplava l’oceano tornato al suo posto, il cratere di macerie che si era lasciato dietro. Aveva scrutato l’acqua con concentrazione, non aveva guardato altro per settimane. Lì dentro, ne era convinta, c’era la risposta. Ogni mattina e ogni sera si recava al Centro Informazioni con la stessa domanda, due nomi, le treccine, i capelli grigi di media lunghezza, il colore di una gonna, il neo sulla pancia. Di ritorno passava veloce nei minuscoli bagni della scuola, frequentati di norma da bambini tra i sei e gli undici anni. Percorreva i corridoi tappezzati di disegni e lavoretti di carta. Tornava nel suo quadrato di vita, ammutolita da tutta quella assurdità. Alcuni, tra i teli stesi a terra sul pavimento di linoleum, parlavano fitto. Dovevano farne parola per essere certi fosse successo davvero. Altri invece non dicevano nulla, come terrorizzati a leggere la pagina successiva, dove sapevano che la tragedia sarebbe avvenuta: si convincevano che se quella pagina non fosse stata voltata, ciò che naturalmente seguiva non sarebbe accaduto. Altri ancora, che sapevano tutto, non avevano più niente da dire. La maggior parte aspettava, e Yui era una di loro. A seconda delle notizie che si ricevevano al Centro Informazioni, si veniva a far parte di un gruppo o di un altro. Talvolta poi si partiva alla volta di un altro rifugio dove c’erano ad attenderli quelli che loro stessi avevano atteso. C’erano centinaia di storie strabilianti da raccontare. Tutto, a recuperarlo, appariva ora come una coincidenza («se non fossi stata a letto malata», «se quel giorno avessi svoltato a destra anziché a sinistra con l’auto», «se non fossi sceso dall’auto», «se non fossimo tornati a casa per pranzo»). Tutti avevano udito la voce della giovane impiegata che dall’altoparlante del Comune, a cento metri dal mare, non aveva smesso un momento di trasmettere l’avvertimento dello tsunami in arrivo, della necessità di correre sulle montagne, nei piani più alti di edifici di cemento armato. Tutti sapevano che neppure lei si era salvata. Le immagini dei cellulari, che la gente ora faceva anche ore di fila per ricaricare, replicavano lo spettacolo insensato di gente aggrappata ai tetti, di macchine travolte dal mare, di case che dopo una strenue resistenza seguivano le persone come lo sciacquo in un lavandino. E poi il fuoco, che nessuno avrebbe mai immaginato più forte dell’acqua, che da piccoli ti insegnano che forbice vince su carta, come carta su sasso; che l’acqua vince sempre sul fuoco, perché lo spegne e sei salvo. Nessuno, in quella rassicurazione infantile ricordava che il tempo decide su tutto e che il fumo riempie i polmoni come una cosa. Che in uno tsunami si muore anche così, senza bisogno di toccare l’acqua. Dall’altura che cingeva la cittadina e su cui, appena concluse le violentissime scosse, si era rifugiata quel giorno, Yui aveva visto l’oceano avanzare. Le era parso lentissimo ma convincente, quasi che non ci fosse altra cosa da fare. Cos’altro mai avrebbe potuto fare un mare se non avanzare? Era distante da casa, e la madre per messaggio era stata talmente rassicurante sulla vicinanza sua e della figlia al rifugio di zona, che aveva seguito la gente, aveva sostenuto un’anziana che camminava a fatica, si era resa utile come poteva, convinta com’era di essere in fondo una sopravvissuta. Per un attimo si era sentita persino in colpa della propria fortuna. Arrivati sullo spiazzo della montagna, si erano tutti affacciati, come a teatro da una balconata. Tenevano in mano i cellulari, animati da una fiducia spropositata nella tecnologia. Parevano tornati tutti bambini, negli anni in cui non esiste confine tra l’eccitazione e la paura. E tuttavia quando il mare attaccò la terra, e non si fermò finché non raggiunse i piedi della montagna, il silenzio fu l’unica cosa. Quella scena fu per Yui talmente surreale, che a lungo non si sentì sicura a cosa avesse effettivamente assistito. Lo tsunami raggiunse un’altezza di molto superiore alla stima prevista, così che alcuni rifugi divennero una formula guasta, una parola sbagliata, come una definizione imprecisa che crea una solida corrispondenza tra due cose che invece non si somigliano affatto. Così era successo anche a sua figlia e a sua madre, che nel rifugio avevano trovato la morte. Per un mese aveva aspettato sul telo di due metri per tre, senza sapere più bene a un certo punto cosa stesse aspettando. I pochi oggetti che aveva appresso al momento del terremoto le rimasero attorno come una ghirlanda. Si aggiunsero bottigliette d’acqua, asciugamani, coppette di rāmen liofilizzato, onigiri, barrette energetiche, assorbenti igienici, energy drink. Circoscritta da cose sempre più vecchie, attendeva che quella cosa finisse. Poi finalmente i corpi vennero ritrovati e Yui smise di guardare il mare.

Imai Messina, Laura. Quel che affidiamo al vento (Italian Edition) (pp.20-27). EDIZIONI PIEMME. Edizione del Kindle.

Autrice: Laura Imai Messina

” Laura Imai Messina è nata a Roma. A 23 anni si è trasferita a Tokyo dove ha conseguito un PhD presso la Tokyo University of Foreign Studies. Insegna in alcune delle più prestigiose università della capitale. Ha esordito con successo nel 2014 con Tokyo Orizzontale (Piemme). Nel 2018, sempre per Piemme, è uscito Non oso dire la gioia, e per Vallardi il bestseller Wa. La via giapponese all’armonia.

Il suo stile raffinato e lo sguardo privilegiato sul Sol Levante ne fanno una voce inconfondibile del panorama letterario italiano. www.lauraimaimessina.com

Interessante l’ intervista all’autrice Laura Imai Messina

https://www.youtube.com/watch?v=nO0izqIIldU

Distanziati ma vicini……… per festeggiare il secondo compleanno del GdL “Parole in Giardino”

Dopo i  lunghi mesi di emergenza sanitaria e di incontri tenuti su piattaforma finalmente ci rivediamo oggi per condividere il piacere della lettura e per festeggiare il secondo compleanno del Gruppo di lettura “Parole in Giardino”.

 

Incipit

 Mi chiamo Mia. Ho ventinove anni. I trenta sono lì che mi fissano da un po’, con quell’aria da prof che scorre il registro per scegliere chi interrogare. Simpatici. A me sembra impossibile doverli compiere davvero: quando avevo dodici anni le persone di trent’anni mi sembravano già vecchie. Non dico con un piede nella fossa, ma quasi. E poi mi hanno sempre detto che ho gli occhi da bambina. Forse perché sono esageratamente grandi, non so. Però l’ho sempre considerato un complimento: mi piacciono le persone che diventano grandi e rimangono con gli occhi bambini. Anche perché spesso sono i bambini quelli più saggi di tutti. La verità è che non sono cresciuta. O meglio: fuori sì, ma dentro no. Me l’hanno spiegata per bene questa cosa: è come quando un orologio si inceppa e tu vedi la lancetta dei secondi che fa tic e poi sta ferma, tic e poi sta ferma. La mia, di lancetta, si è inceppata a tredici anni, per via di quello che è successo con Fede, e allora, anche se fuori cresco, c’è una parte di me che non è più andata via da lì. C’è una parte di me che avrà sempre tredici anni.

Galiano, Enrico. Dormi stanotte sul mio cuore (Italian Edition) . Garzanti. Edizione del Kindle.

 

Nel Giardino di Giusy, dove questa avvincente  avventura è iniziata due anni fa, il Gruppo di lettura  si incontra nuovamente:  i libri ci hanno scandito il  tempo, regalato emozioni,  stimolato riflessioni, creato ricordi.

Festeggiamo in tanti  il secondo compleanno del Gruppo di lettura “Parole in Giardino”.

 

La dimensione del tempo nei libri di oggi

Il senso del tempo è una delle tematiche maggiormente indagate nella letteratura.  Ne parleremo nel nostro confronto durante l’incontro di oggi del Gruppo di Lettura “Parole in Giardino” con il romanzo ” “La misura del tempo” di Gianrico Carofiglio e con l’albo illustrato “Le cose che cambiano” di Beatrice Alemagna.

Cosa e come si ricorda il passato? Quali e quante sono le distanze che si costruiscono per sentirsi meno fragili? Come si misura il tempo?

Il passare del tempo modifica sempre le cose? Tutte le cose  passano e  si trasformano?

A queste e ad altre domande cercheremo di rispondere durante l’ incontro, condividendo suggestioni e riflessioni.

L’ultimo romanzo di Carofiglio “La misura del tempo

INCIPIT

Che abbiamo oggi , Pasquale ? – chiesi entrando in studio e pensando , nello stesso momento e per l’ennesima volta , che si trattava di un rituale di cui ero stanco .

– Vediamo … la Colella dovrebbe venire finalmente a pagare . Poi c’è il consulente tecnico del processo Moretti , la questione della lottizzazione ; passa a prendersi le carte , ma dice che vuole parlare con lei cinque minuti . E alle sette una cliente nuova .

– Chi è ? Pasquale sfogliò , con il consueto lieve sussiego , il blocnotes a spirale che porta sempre con sé . Ognuno di noi ha qualcosa che lo identifica e in cui , se ne è consapevole , si identifica . Per Pasquale è il bloc – notes . Li compra lui , senza metterli sulle spese di cancelleria dello studio, e li prende sempre uguali , di un tipo fuori moda che si trova solo in una vecchia cartoleria , polverosa e un po ’ commovente , del quartiere Libertà . Hanno la copertina nera ruvida e il taglio lievemente colorato di rosso , come quelli che usava mio nonno .

– Si chiama Delle Foglie.

 

“Le cose che passano” di Beatrice Alemagna